Dieta anti-infertilità personalizzata con una radiografia ‘full body’ per valutare la composizione corporea della donna e creare per lei un percorso di nutrizione finalizzato a ottimizzare le chance di concepimento. Questo l’approccio testato dagli esperti nutrizionisti del gruppo Genera, guidati dalla biologa Gemma Fabozzi, responsabile del centro B-Woman per la salute della donna, in collaborazione con l’équipe di Laura di Renzo, professoressa ordinaria di Nutrizione clinica dell’Università Tor Vergata di Roma, che hanno presentato i risultati del loro test pilota al 40.esimo congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (Eshre), in corso ad Amsterdam.
“E’ noto dai dati presenti in letteratura spiega Fabozzi, prima firma del lavoro che essere sottopeso, sovrappeso oppure obese aumenta il rischio di ripetuti fallimenti d’impianto dell’embrione o di aborto spontaneo, probabilmente a causa del ruolo chiave che il tessuto adiposo esercita nella riproduzione”. Ma non è una banale questione di peso. “L’indice di massa corporea (Bmi) è l’indicatore più utilizzato per definire le caratteristiche antropometriche, ma sottolinea l’esperta rappresenta un indicatore inadeguato della composizione corporea, con il rischio di calcolare erroneamente la percentuale di massa grassa e di sottostimare il possibile fallimento riproduttivo. Questo studio ha voluto analizzare la composizione corporea dei pazienti infertili mediante assorbimetria a raggi X a doppia energia (Dxa), il gold standard per il calcolo e la localizzazione della massa magra, indipendentemente dal peso corporeo, fornendo un’immagine tridimensionale delle densità degli organi corporei. Una strada che si può percorrere soprattutto per elaborare piani nutrizionali personalizzati per le pazienti con problemi di infertilità”.
La sperimentazione ha coinvolto 66 donne, di cui 50 già con figli e 16 con una storia di ripetuti fallimenti di impianto di embrioni prodotti con la fecondazione assistita. E’ stata eseguita una caratterizzazione della composizione corporea mediante Dxa ed è stato scoperto che “tale composizione e anche la densità ossea sono diverse tra pazienti fertili e infertili: rispetto alle prime, le donne infertili che erano ricorse senza successo alla Pma mostrano differenze nella distribuzione dei tessuti soprattutto nella parte inferiore del corpo, e nella mineralizzazione ossea”.
“Anche l’analisi del microbiota prosegue Fabozzi ha dimostrato delle differenze significative tra i due gruppi: le pazienti infertili hanno una aumentata percentuale di proteobatteri ed enterobatteriacei, che poi sono quei batteri che comunemente causano problematiche di infezioni vaginali che sappiamo essere un fattore di rischio per l’impianto dell’embrione. Una percentuale di gran lunga maggiore rispetto al 4%, in media, di presenza normale di questi microrganismi”.
“E’ fondamentale evidenza di Renzo la determinazione della massa corporea, distinta in muscolare, grassa e ossea. La condizione di infertilità è infatti caratterizzata da una riduzione della massa magra con conseguente aumento ed espansione proporzionale della massa grassa, non solo a livello viscerale, ma anche periferico. Inoltre, rispetto alle donne fertili, quelle con problemi di infertilità presentano una minore massa ossea a livello del tronco. Una condizione che si presenta a prescindere dal Bmi della paziente”, rimarca.
“L’obiettivo è quello di arrivare a rendere più oggettivo il modo in cui siamo in grado di valutare la composizione corporea di una donna infertile rimarca Fabozzi Oggi ci basiamo sulla Bia (bioimpedenziometria), sul Bmi e sul peso, che sono indici di analisi abbastanza imprecisi, ma anche di facile utilizzo. Con la Dxa, una sorta di radiografia full body, possiamo studiare quanta massa magra e grassa sono presenti, come si distribuiscono, insieme a una fotografia della composizione ossea e lipidica che a quanto pare varia fra chi è fertile e chi è infertile. Questo è un punto di partenza importante. Gli studi dovranno ora proseguire per capire meglio queste differenze, individuare le pazienti a rischio infertilità e arrivare a elaborare per ognuna una terapia nutrizionale e di stili di vita mirata”.