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Giovanni Lombardo: “Una PMI su due in Italia deve adeguarsi alle norme sulla finanza sostenibile, e non lo sa”

(Adnkronos) – Sono entrati in vigore Direttive e Regolamenti europei che obbligano i Fondi e le grandi aziende a rendicontare la propria sostenibilità ambientale. Ma le conseguenze si ripercuotono anche sulle PMI 

Genova, 20 marzo 2023. Il comparto della finanza prova a diventare più socio ed eco sostenibile, grazie al regolamento europeo “SFDR” (Sustainable Finance Disclosure Regulation), entrato in vigore nel marzo 2021, volto a garantire la trasparenza dei prodotti finanziari in ottica ESG (ambientale, sociale e di governance). Gli operatori dei mercati finanziari devono attenersi a queste norme e ad altre regole tecniche (RTS) più flessibili, integrando i rischi di sostenibilità nei processi decisionali e comunicando adeguate informazioni dei rispettivi prodotti finanziari. Banche, fondi aperti, fondi di private equity e altri emittenti titoli, seppur su piani diversi, devono dichiarare in una informativa precontrattuale dedicata ai sottoscrittori se e come i propri prodotti finanziari racchiudono un obiettivo di investimento “sostenibile”. In caso affermativo, va graduato l’impegno dichiarato, che può variare tra il minimo dei prodotti “light green”, che “promuovono” caratteristiche ambientali e/o sociali (i c.d. “art. 8” SFDR) fino ai prodotti “dark green”, che si pongono come “obiettivo principale” l’investimento sostenibile (i c.d. “art. 9” SFDR). 

La sostenibilità va rendicontata anche negli altri settori oltre a quello finanziario: tra il 2025 e il 2028 entrerà in vigore quanto disposto dalla Direttiva Europea “CSRD” (Corporate Sustainability Reporting Directive), recentemente approvata, che estende le regole di rendicontazione degli aspetti non finanziari, sociali e ambientali, alle imprese di grandi dimensioni e alle PMI quotate, in attesa dell’emanazione di corrispondenti principi contabili internazionali (IAS, IFRS). 

“A prima vista queste norme sono oggi cogenti solo per il comparto della finanza e società quotate; poi, via via a scaglioni, entro il 2028 lo diventeranno anche per PMI quotate e filiali di imprese extra UE” ricorda Giovanni Lombardo, consigliere di Triadi, CEO di Sigma NL e docente universitario di Metodi e tecniche di analisi dei dati.  

“In realtà queste norme – continua Lombardo – riguardano già oggi ciascuna PMI che fornisce prodotti o servizi a medio-grandi imprese o a società partecipate da fondi d’investimento. Operare lungo una catena di fornitura, dove un partner più strutturato soggiace a sua volta all’obbligo di disclosure ESG, con mantenimento di una supply chain allineata ai propri obiettivi e ad indici di sostenibilità (perimetro denominato in gergo “Scopo 3”), comporta sostanzialmente obblighi anche per i soggetti più piccoli, non rientranti a prima vista nel perimetro della SFDR o della CSRD; i quali devono programmare strategie e rendicontazioni sostenibili anche dal punto di vista socio-ambientale”. D’altronde in Italia la maggioranza delle imprese (circa il 65%) vende la totalità della propria produzione (materie prime, parti, semilavorati, moduli) ad altre imprese e non a mercati finali. 

Ne discende la necessità di deliberare una policy ESG; impostare un piano pluriennale e una rendicontazione sociale mediante report di sostenibilità; poi, in base all’attività svolta, si potrà impostare una “Carbon Footprint” di prodotto (con analisi ambientale “LCA”) o di organizzazione (con analisi delle emissioni “GHG” nel perimetro c.d. “scope 1, 2 e 3”; quindi aziendale o anche della propria catena di fornitura); stimare l’impatto sociale, mediante metriche internazionali, quali il Social ROI (o S-ROI). Il tutto nell’ottica di dimostrare di non arrecare un danno significativo all’ambiente (logica “DNSH”), come richiesto sia dal PNRR sia dal regolamento che completa la tassonomia ESG, vale a dire il Regolamento Europeo 2139 del 2021, che contiene criteri di vaglio tecnico diversi a seconda dell’attività svolta. 

“A livello europeo – conclude Giovanni Lombardo – le regole sono piuttosto restrittive. Da una parte, subiamo un appesantimento burocratico, che sembra causare una minore competitività del sistema UE; ma, d’altro canto, beneficiamo di un mercato più tutelato, dove si cerca di evitare un altro “cigno nero”, come i recenti fallimenti bancari in USA sembrano far presagire, proprio a causa di norme americane meno stringenti. La materia è comunque complessa ed occorrono competenze trasversali, che ancora pochi consulenti hanno acquisito. Noi di Triadi abbiamo sviluppato un software proprietario, mentre un altro tool lo usiamo in licenza tramite Sigma NL, per rendicontare il cambiamento, calcolare effetti, esternalità e stimare impatti, sia sociali sia ambientali; un tool di cui le PMI possono fruire, quale strumento di management e non solo per rispondere pedissequamente ad una mera compliance. 

Per informazioni si può consultare il sito www.triadi.it e https://www.sigmanl.it
 

 

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