“Smentisco categoricamente
l’affermazione dell’ ad della RAI secondo la quale io non avrei
partecipato al programma di Serena Bortone perché ‘non venivo
pagato’. È semplicemente falsa. Ed è l’ennesima affermazione
denigratoria nei miei confronti. A me nessuno ha mai proposto di
partecipare gratuitamente. Lo sfido a fornire prova del
contrario”.
Lo dice Antonio Scurati rispondendo alle dichiarazioni
dell’amministratore delegato Rai Roberto Sergio in merito al suo
monologo sul 25 aprile che sarebbe dovuto andare in onda su Rai3
al programma di Serena Bortone Chesarà…
“Non entro nel merito delle convulsioni interne a un’azienda
evidentemente allo sbando, i cui dirigenti esercitano una
‘pressione soffocante’ sulla libertà d’informazione (non è una
mia opinione, è una citazione di un comunicato ufficiale del
principale sindacato dei giornalisti di quella stessa azienda).
Io non sarei mai tornato sull’argomento e d’altronde non sono
stato io a denunciare la censura ma ancora una volta una
giornalista Rai” spiega Scurati. “Devo, però, difendere qui ed
eventualmente nelle sedi legali opportune la mia reputazione.
Ribadisco perciò che il programma di Rai3 Chesarà mi ha
commissionato con un mese circa di anticipo un monologo
assicurandomi che avevo piena libertà su forma e contenuti.
L’accordo economico, perfettamente in linea con quello degli
scrittori che mi avevano preceduto, era già chiuso da diversi
giorni, i biglietti ferroviari e la prenotazione alberghiera mi
erano già stati inviati dagli uffici Rai (io questo posso
dimostrarlo). Soltanto allora, la mattina stessa della mia
partecipazione, dopo che avevo inviato il testo del mio
intervento con il quale, è fondamentale ricordarlo, sollevavo
delle questioni imbarazzanti per il capo del governo quando
avevo già le valigie pronte, mi è stato comunicato che il mio
contratto era cancellato” aggiunge lo scrittore Premio Strega.
Nella sua ricostruzione, Scurati sottolinea poi: “Sono un
uomo di cultura, non un politicante. Non ho nessun interesse a
polemizzare con questa dirigenza Rai. Conosco, inoltre, molto
bene il valore del lavoro e del denaro. Ho insegnato per 30
anni, e continuo a farlo anche oggi, in scuole e università per
un modesto compenso, motivato dal desiderio di contribuire come
posso a diffondere il sapere e la cultura. Non tollero più che
mi si calunni accusandomi di venialità per sviare l’attenzione
dalla vera questione. Soprattutto da parte dei vertici di
un’azienda, la Rai, che elargisce a un influencer e rapper di
dubbia moralità svariate decine di migliaia di euro per
rilasciare interviste sul suo matrimonio. Il compenso che la Rai
aveva pattuito con l’agenzia che mi rappresenta non ricompensava
soltanto un breve testo originale ma le 2000 pagine da me
scritte sull’argomento fascismo in quattro corposi volumi,
tradotti, letti ed elogiati in tutto il mondo” ribadisce
l’autore della serie di romanzi M dedicati a Mussolini.
“In qualunque campo si riconosce alla carriera professionale un
adeguato riconoscimento economico. L’amministratore delegato
della Rai- spesso definita la più grande azienda culturale del
Paese dimostra invece di non voler riconoscere il valore del
lavoro culturale. Dimostra, così, di disprezzare la cultura.
Permettermi di notare che questo becero disprezzo lo rende
totalmente inadeguato all’importante ruolo che ricopre”.
Infine, “devo anche notare che questa cortina fumogena,
sollevata da argomenti fasulli e fuorvianti, ottiene ancora una
volta l’effetto di consentire al presidente del consiglio di non
rispondere alle imbarazzanti questioni da me sollevate nel
monologo che la Rai mi aveva commissionato e che poi non mi ha
consentito di leggere” afferma.
ANSA