‘Sara e la malattia chiamata amore’, un racconto tra mente e cuore

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Come riconoscere l’amore e lasciarsi andare? Ce lo insegna Maria Melucelli, docente di Psicologia clinica e consulente del Tavistock Institute of Human Relation of London, con il suo libro ‘Sara e la malattia chiamata amore’. La protagonista, una giovane donna di 25 anni, ripercorre traumi infantili e gioie e dolori che il crescere nella maestosità di Roma impone. A metà tra riconoscersi e perdersi ogni giorno, la protagonista di questo racconto e la sua autrice trascinano il lettore su una montagna russa emotiva che non trova mai reale appagamento se non nel brivido della discesa. Una discesa che, illuminata verso una solitudine, si dimostra il percorso più forte per raggiungere autonomia e autodeterminazione.

Con il suo libro, la dottoressa Melucci spiega in modo lineare come si possa amare a 25 anni: tra fragilità, paure, strane emozioni che per la prima volta trovano spazio in un cuore ‘malato’, la protagonista non lascia scampo alle certezze. Dopo tutto chi ne ha a 25 anni? E così, ‘Sara e la malattia chiamata amore’ chiede al lettore di prepararsi a una serie di viaggi nei percorsi emotivi dell’anima, quelli più profondi da lasciare senza fiato dinanzi a colpi di scena e rivelazioni inaspettate. Il libro si legge come si vivono i sentimenti: tutto d’un fiato, senza troppe pause o fronzoli, in un andirivieni di gioie e dolori.

E si impara che innamorarsi a 25 anni, pur consci che la sofferenza è dietro l’angolo, è concesso solo a chi abbandona le paure al momento giusto, godendo il presente senza riserve. Perché “l’amore è presente” e nient’altro. Così anche il cuore può bloccato cade nella “trappola” dei sentimenti, che a viverli fan paura tanto quanto piacere, a tratti godere e gioire. “Le grandi emozioni o ti fanno trasbordare o ti immobilizzano. Ma amare gli altri vuol dire essere completamente felici anche senza di loro”. La protagonista lo impara a sue spese, ma ben volentieri. E trasforma una malattia, quella di non riuscire a restare da sola, in un nuovo bisogno: quello di bastare a se stessa. In un attimo, “amare” diventa “amarsi” e, in “Sara e la malattia chiamata amore”, si impara anche che alle scelte seguono sempre delle conseguenze. Conseguenze per le quali vale la pena correre il rischio.