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Rete reumatologica piemontese, si lavora per la sua attivazione per rendere i Pdta delle malattie reumatiche più appropriati ed efficaci

(Adnkronos) – Torino, 22 giugno 2022 -Le malattie reumatiche costituiscono la seconda causa più frequente di disabilità dopo le malattie cardiovascolari. Purtroppo la pandemia da Covid-19 ha parzialmente interrotto la crescita virtuosa che ha interessato la Reumatologia fino a questo momento (nuove cure offerte, migliore presa in carico e gestione dei pazienti da parte degli specialisti coinvolti) con l’aumento delle liste d’attesa, il peggioramento dell’aderenza e della continuità terapeutica, la difficoltà ad accedere allo specialista sia per quel che riguarda il reumatologo sia per quanto riguarda la presa in carico multidisciplinare che vede coinvolti altri specialisti (in primis il dermatologo). La stessa difficoltà riguarda la medicina generale, con aumento del sommerso e con conseguenti diagnosi ritardate. Efficienza organizzativa ed utilizzo efficace delle risorse rimangono una chiave di successo: diventa fondamentale una sinergia di intenti traspecialista, farmacista ospedaliero, medici di medicina generale e associazioni dei pazienti.
 

Si è fatto il punto sulla situazione della Reumatologia piemontese con l’evento “RETE REUMATOLOGICA PIEMONTESE. Modelli Organizzativi ed Empasse Post-pandemico”, organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di NOVARTIS. 

Secondo Enrico Fusaro, Direttore SC Reumatologia AOU Città della Salute e della Scienza Città di Torino “c’è un lavoro da fare sull’organizzazione della domanda, anche nell’attribuire le priorità ed è necessario far lavorare a tempo pieno i reumatologi oggi impegnati nella medicina interna per portarsi alla massima disponibilità dell’offerta”. Che ha spiegato così:  

“L’emergenza pandemica ha visto in Piemonte, come in tutta Italia, la conversione sia di centri sia di specialisti reumatologi in attività a supporto della necessaria lotta al Covid, ma il Covid ha anche imposto modelli organizzativi diversi e nuovi. Esiste oggi però un vuoto assistenziale in Regione con tanti malati, o potenziali malati, e pochi reumatologi (significativo che non ci sia una scuola di specialità in reumatologia) e gravi problematiche strutturali della Regione che portano i pazienti a fare “turismo sanitario” verso un’offerta di cura più competitiva soprattutto nella vicina Lombardia (a Milano, ad esempio, i pazienti reumatologici possono trovare accesso diretto senza prenotazione e in generale in Lombardia ci sono centri ad alta attrattività per la reumatologia). Ci sono poi i problemi strutturali della Regione che vedono un’alta concentrazione di centri/specialisti a Torino e un’assenza totale, ad esempio, ad Asti e provincia. C’è l’opportunità della telemedicina, che ricordiamo però non essere per tutti, per diseguaglianze di accesso sia anagrafico (difficoltà per le persone più anziane) sia geografico (in alcune aree del Piemonte il segnale è strutturalmente debole). C’è il problema, ma questo per tutte le regioni, di attivare piattaforme informatiche comuni: in ogni azienda c’è un sistema informativo proprio che non comunica con gli altri se non in maniera indiretta attraverso il fascicolo sanitario elettronico”.  

È intervenuta come Presidente Eular, Annamaria Iagnocco, Professore Ordinario di Reumatologia presso l’Università degli Studi di Torino e Direttrice della SSDDU Reumatologia dell’AO Mauriziano di Torino, che ha indagato quale potesse essere il modello ottimale di presa in carico del paziente reumatologico, un paziente cronico (non solo anziani ma anche giovani adulti e bambini) a gestione complessa e multidisciplinare per il quale la diagnosi e il trattamento precoci sono fondamentali per evitare il peggioramento della patologia e il miglioramento della qualità di vita del paziente. “In Europa ci sono delle realtà virtuose come in Danimarca dove un ospedale è di proprietà dei pazienti, delle associazioni pazienti, e i tempi di attesa per accedere alle visite reumatologiche sono di circa una settimana. Ma anche in Piemonte è attiva da poco, da marzo, una realtà potenzialmente virtuosa ed è il progetto Reumaclinic, voluto dall’Aaprac onlus nell’ospedale Mauriziano Umberto I. Lo scopo è quello di creare una rete integrata tra ospedale e territorio per offrire diagnosi e trattamenti precoci ma anche per offrire ai pazienti quell’approccio multidisciplinare non solo clinico, ma anche psicologico e sociale, ad esempio per tutelare le condizioni lavorative dei pazienti e delle loro famiglie, soprattutto i pazienti più giovani e le famiglie dei minori, nelle normali attività socio-professionale che indubbiamente risentono di queste patologie. Oltre all’attività al Mauriziano Umberto I il progetto Reumaclinic è supportato da partner come l’Isef di Torino, il Don Gnocchi e altri ancora”.  

Ugo Viora, Executive Manager AMaR Piemonte Onlus, illustra una istantanea della Reumatologia piemontese, con questi numeri:  

“Un reumatologo ogni 1.000 persone possibili portatrici di malattia reumatica; probabilmente almeno il 50% di queste persone non ha ancora ricevuto una diagnosi certa né una terapia appropriata, che consenta di prevenire la disabilità indotta dalla sua malattia cronica (e limitare i conseguenti costi sociali).Intere province (quella di Asti) da anni non hanno più un reumatologo pubblico e vaste aree (Val d’Ossola, vallate alpine cuneesi, pinerolesi e torinesi) sono senza punti di accesso alla specialità facilmente raggiungibili con i mezzi pubblici. La copertura stabile del segnale o di banda larga è insufficiente (talora addirittura quello televisivo deve fare ricorso al satellite), limitando la diffusione e l’efficacia di progetti di telemedicina. Non ultimo, le liste d’attesa – non monitorate dalla Regione –arrivano anche a più di un anno e inducono (anche a causa dei blocchi dovuti alla pandemia) al ricorso alla specialistica privata: non si può accedere alle terapie “biologiche”, ma… meglio che niente! La Regione ha predisposto un articolato piano (finanziato dal PNRR, missione 6) di potenziamento del territorio, ma solo una rete che colleghi tra loro anche gli “spoke” e sia disegnata tenendo conto anche delle reali necessità delle persone malate e delle loro famiglie, garantisce una presa in carico congrua ed omogenea, superando gli attuali limiti di assistenza di queste persone”.  

“La pandemia da SARS-CoV2 ha esacerbato gli innumerevoli disagi dei pazienti reumatologici, tra cui le liste d’attesa per le visite e la mancanza di continuità terapeutica – ha rimarcato Stefania Plateroti, VicePresidente AAPRA ONLUS – Associazione Ammalati Pazienti Reumatici Autoimmuni -. Per far fronte, quantomeno, ad alcuni degli unmet needs dei pazienti sarebbe opportuno l’attivazione della rete reumatologica, il cui scopo principale è quello di rendere i percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali delle patologie reumatiche i più appropriati ed efficaci possibili. AAPRA insieme ad altre associazioni chiede chiarimenti sullo stato dell’arte della rete reumatologica piemontese ribadendone l’importanza quale strumento fondamentale di promozione di salute, di ricerca e di ottimizzazione dell’uso delle risorse economiche e umane nell’erogazione dei servizi del servizio sanitario nazionale”. 

Ufficio stampa Motore Sanità
 

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