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Per una migliore presa in carico dei pazienti sieropositivi serve potenziare la rete Hiv e la formazione degli operatori sanitari

(Adnkronos) – È necessario ritornare a parlare delle molte malattie rimaste sottotraccia durante l’immensa tragedia che è il Covid. L’infezione da Hiv è una di queste malattie, che per la natura della sua trasmissione non può rimanere sconosciuta al grande pubblico. Riuscire ad aumentare la consapevolezza dei cittadini su questa malattia non è l’unica grande sfida del momento. Infatti, con una maggiore conoscenza scientifica della malattia ed un armamentario terapeutico sempre più efficace l’aspettativa di vita del paziente Hiv si avvicina sempre di più alla sua controparte sana. Questa situazione, però, deve comportare un cambiamento nel modello di presa in carico del paziente, con la creazione di percorsi tra specialisti e il territorio e potenziando la telemedicina, e per riuscire in questo sarà necessario anche un utilizzo oculato dei fondi destinati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) alla sanità.
 

Si è parlato di questo nell’ambito dell’evento “UN NUOVO RUOLO DEL TERRITORIO NELLA GESTIONE DELLA SANITÀ. PNRR E HIV: IL RETURN TO CARE – PIEMONTE, LIGURIA E LOMBARDIA”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo non condizionante di MSD e IT-MeD.  

In Piemonte, come ha spiegato Carlo Picco, Direttore Generale ASL Città di Torino e Commissario Azienda ZERO Regione Piemonte, “sul territorio c’è un ampio margine di azione per la concretizzazione di un nuovo modello di presa in carico del paziente cronico Hiv positivo”. E nello specifico ha spiegato: “Attualmente è l’infettivologo che gestisce nel complesso il paziente Hiv, avvalendosi al bisogno della consulenza di altri specialisti. Il ruolo del territorio è ancora debole, ma migliorato negli anni grazie a maggior coscienza del problema da parte dei professionisti territoriali, maggior collaborazione da parte dei medici di medicina generale. Il problema maggiore è costituito dal fatto che manca una organizzazione strutturata di presa in carico territoriale del paziente cronico Hiv, ora lasciata molto alla libera iniziativa e alla sensibilità dei medici di medicina generale e degli altri attori coinvolti nelle cure primarie. Allo stato attuale sono poche le Regioni che hanno un Pdta per la presa in carico del paziente Hiv (per esempio Lombardia, Lazio). Per la telemedicina c’è ampio spazio di implementazione, in particolare modo per garantire una continuità di assistenza ai pazienti Hiv e una costante possibilità di accesso senza dover effettuare un passaggio fisico presso gli ambulatori ospedalieri, migliorandone, in ultima analisi, la qualità di vita. Per tutti questi motivi il Pnrr costituisce senz’altro una grande opportunità che non può essere sprecata, per arrivare a un nuovo modello di gestione territoriale del paziente cronico Hiv positivo”. 

Il Professor Antonio Di Biagio, delegato da Matteo Bassetti, Direttore Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino e Coordinatore DIAR Malattie Infettive Regione Liguria, ha presentato la rete ligure Hiv. “La Liguria è molto avanti dal punto di vista della rete. Si è fatto molto per questa rete, che è dotata di un sistema che lavora per migliorare la qualità di vita delle persone con infezione da Hiv, il Pnrr può essere la risorsa che aiuta a lavorare meglio medici, infermieri, dirigenti, seppur non ci sia bisogno di tanto perché c’è già molto, ma è necessario sfruttare le risorse. Voglio inoltre sottolineare che le strutture di malattie infettive di Italia hanno mantenuto uno standard di cura e di qualità per tutte le persone con Hiv durante la pandemia, probabilmente alcuni centri hanno patito di più il Sars-cov-2, quelli più attrezzati hanno costruito un modello che anche nelle avversità di una pandemia come questa hanno saputo gestire l’emergenza”.  

Ufficio stampa Motore Sanità
 

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