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Fonderie italiane cercano personale specializzato per consolidare ripresa

Le fonderie italiane stanno vivendo un momento di ripresa dopo la crisi del 2020: lo conferma l’indagine congiunturale relativa al secondo trimestre 2021 elaborata dal Centro studi di Assofond, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese del settore. L’indicatore di sentiment sui prossimi sei mesi segna un nuovo valore di massimo, e si conferma soprattutto il valore di previsione di fine anno sulla variazione di fatturato rispetto all’anno scorso che, come nell’indagine precedente, si attesta al +21%. Le aziende che hanno risposto all’indagine prevedono, quindi, il pieno recupero di quanto perso nel 2020 a livello di fatturato (-17,9%), grazie a un livello di attività che, per la maggior parte delle imprese, è superiore o uguale a quello del periodo pre-Covid.
 

Il 55,9% delle fonderie registra un incremento delle commesse su modelli già in deposito, un altro 44,1% dichiara di aver prodotto nuovi modelli e il 26,5% del campione ha acquisito nuovi clienti. Un risultato per certi versi insperato solo pochi mesi fa, che trova conferma nei dati relativi all’utilizzo di capacità produttiva (al 75,5%). “La prima metà del 2021 – sottolinea il presidente di Assofond, Roberto Ariotti – è stata complessivamente positiva. Ciò nonostante, siamo ancora alle prese con non poche criticità, che ci impongono prudenza: da un lato l’efficacia e la diffusione della campagna vaccinale, decisiva per permettere al mondo produttivo di proseguire questo trend anche in autunno, dall’altro, l’aumento del costo delle materie prime e la difficoltà di reperimento, che sta colpendo le aziende del settore mettendone a rischio la marginalità”.  

Scongiurato, invece, il rischio di un calo dell’occupazione: a un mese dallo sblocco dei licenziamenti, il 90% delle imprese associate ad Assofond che hanno risposto a un sondaggio informale proposto dall’associazione si dichiara in cerca di personale, con l’obiettivo di consolidare la ripresa nei prossimi mesi.  

Fra tecnici collaudatori, operatori di macchine utensili, addetti alla progettazione o al controllo qualità, sono numerose le opportunità di lavoro qualificato offerte dalle fonderie: “Il lavoro che si svolge nelle nostre aziende – precisa Ariotti – è assai diverso rispetto alla percezione che molto spesso i ragazzi più giovani hanno delle mansioni tipiche della fabbrica. Oggi la realtà della manifattura italiana è quella di imprese che hanno automatizzato le attività più faticose e ripetitive, lasciando spazio invece al talento e alla creatività per quelle a più alta specializzazione. Una fonderia, nello specifico, può realizzare centinaia di componenti diversi, e deve rispondere alle richieste dei committenti, che sono alla ricerca di prodotti sempre più performanti. Questo significa fare ricerca in campo metallurgico per individuare le soluzioni migliori, avere la capacità di programmare macchinari anche molto complessi, saper affrontare ogni volta progetti anche molto diversi fra loro, alla ricerca del miglior compromesso fra prestazione e affidabilità del componente”.  

A fronte dell’ampia offerta di lavoro, tuttavia, il 70% delle fonderie del campione intervistato da Assofond ha evidenziato grosse difficoltà nel trovare personale in linea con i profili richiesti. Il gap fra domanda e offerta – hanno detto gli imprenditori che hanno risposto al sondaggio – dipende da molteplici fattori: da un lato il sistema scolastico italiano, che vede ancora troppo pochi diplomati negli istituti professionali, nonostante i settori di sbocco si caratterizzino per un bassissimo turnover e per importanti prospettive di crescita professionale. 

“Dall’altro – osserva ancora Ariotti – c’è un evidente problema politico, legato alle misure attualmente in vigore: il reddito di cittadinanza può essere, sotto certi aspetti, un disincentivo alla ricerca di un lavoro, ma io penso soprattutto al cuneo fiscale, che deve essere ridotto per permettere alle imprese di retribuire correttamente le proprie figure professionali senza comprometterne la competitività a livello internazionale. Questo è vero soprattutto per chi, come noi, si confronta spesso con concorrenti che operano in Paesi che non solo hanno un costo del lavoro molto inferiore, ma che si possono anche permettere di produrre senza l’attenzione alle tematiche di sostenibilità sociale e ambientale che invece contraddistingue da sempre le nostre aziende”. 

Adnkronos

 

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