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Epatite pediatrica: un incontro e un lavoro insieme sulla prevenzione. I sirultati dell’evento promosso da Fondazione Etica con Rezza, Indolfi e Galli

(Adnkronos) – Roma, 30 giugno 2022 – Creare nuove linee guida per la prevenzione e la cura di una nuova malattia che colpisce uno dei gruppi più deboli della popolazione, i bambini. La malattia, come accaduto con il fenomeno del “Covid lungo”, documentato da molte pubblicazioni mediche, potrebbe causare molti altri problemi anche dopo la cura. Questo l’obiettivo dell’incontro odierno su “Nuova epatite, pediatrica lavorare insieme per la prevenzione” andato in onda sulla piattaforma Zoom. 

L’evento è stato organizzato e promosso da Etica, ente del terzo settore che sostiene e realizza progetti socialmente benefici a difesa dei diritti umani e civili, dei bambini in particolare. È stata fondata nel 2003 e ha ricevuto dal governo italiano il riconoscimento di organizzazione permanente senza fini di lucro. Tra le principali attività svolte dall’associazione si segnalano la promozione di un disegno di legge contro lo sfruttamento dell’accattonaggio minorile, la proposta di disegno di legge che oggi persegue i reati di pedofilia commessi da italiani in territorio straniero e gli interventi a tutela dei bambini della Mongolia. 

Al convegno, condotto da Valentina Arcovio, giornalista scientifica di 30 Science Communications, hanno partecipato relatori di alto profilo, e rappresentanti di numerose istituzioni nazionali, tra cui Giovanni Rezza, Direttore Generale Sezione Prevenzione Salute del Ministero della Salute, Giuseppe Indolfi, Pediatra, Epatologia all’Ospedale Meyer dell’Università di Firenze, membro del gruppo di lavoro sull’epatite della Società Italiana di Pediatria, Massimo Galli, già direttore del reparto di malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano. 

L’obiettivo è imparare dalla passata pandemia per sviluppare pratiche esemplari per salvaguardare la salute dei bambini. L’obiettivo è sviluppare pratiche a tutela delle fasce più deboli e indifese della popolazione, realizzando una serie di iniziative e incontri tematici di dialogo e condivisione che coinvolgono i principali esponenti in campo scientifico ed epidemiologico. Questo obiettivo è stato raggiunto attraverso la creazione di un manifesto, che tutti possono firmare su Change.org (https://chng.it/4m96G7HN). Questo documento, quindi, si propone di affermare il valore della prevenzione e degli sforzi coordinati contro le nuove minacce sanitarie condivise di natura internazionale. 

L’evento ha riscosso molto interesse da parte del pubblico ed è stato seguito da numerose testate nazionali e internazionali, interessate a fare luce su questo tema cruciale per il presente. 

Ogni vita va rispettata e salvaguardata. Per questo, la collaborazione tra specialisti e istituzioni in campo medico-sanitario potrebbe portare alla creazione di procedure di intervento che potrebbero aiutare a salvare tante piccole vite e prevenire il diffondersi di un nuovo evento epidemiologico che può cambiare ancora una volta la nostra storia condivisa. 

Il 5 aprile 2022, per la prima volta, l’OMS notifica 10 casi in Scozia di epatite e insufficienza epatica acuta in bambini piccoli, di natura epidemiologica differente da tutte le altre forme conosciute. Il 21 aprile, l’US Center for Disease Control statunitense notifica a sua volta 13 casi di bambini con caratteristiche simili ricoverati tra ottobre 2021 e febbraio 2022, con cluster in un singolo ospedale in Alabama. 

Da quel momento e soprattutto in tempi troppo rapidi, con 35/40 casi a settimana, un focolaio di epatite acuta e grave in età pediatrica e di cui ancora non sappiamo le cause, sembra diffondersi nel mondo. L’ultimo aggiornamento dell’Oms, che risale al 22 giugno scorso, riferisce di 920 casi in 33 Paesi. Rispetto al report precedente, che risale al 27 maggio, sono stati calcolati 270 casi in più in circa un mese. Anche in Italia sono state segnalate alcune decine di casi. 

Più della metà dei casi riguarda l’Europa. Il Regno Unito ne detiene la maggioranza contando ben 267 casi, quasi il 30% del totale globale. Poi ci sono gli Stati Uniti con il 35% del totale. La maggior parte dei casi, riguarda bambini di età inferiore ai cinque anni. Quarantacinque bambini, circa il 5%, hanno purtroppo dovuto ricorrere ad un trapianto di fegato e sono stati segnalati 18 decessi. Fortunatamente, oggi, sia nei dati europei che negli Stati Uniti, sembra esserci una traiettoria in calo in termini di segnalazione di nuovi casi, a dimostrazione di un avviato processo di autolimitazione della patologia. 

Giuseppe Indolfi, pediatra del Meyer che si occupa di epatologia – “Sia chiaro: non stiamo parlando di una patologia nuova, clinicamente sconosciuta, misteriosa. Quel che preoccupa noi pediatri è, come sempre, l’insufficienza epatica acuta associata all’epatite, quando il fegato smette di funzionare. Si badi bene: l’OMS 

parla di diagnosi probabile di epatite che, di fatto, colpendo i bambini con meno di 5 anni, scagiona ogni sospetto su effetti avversi dei vaccini antiCovid-19. I dati, almeno per l’Europa, sono stati trainati dai casi verificatisi nel Regno Unito, prevalentemente in Inghilterra ma probabilmente over reported, il che fa pensare ad una certa localizzazione dell’epidemia. I sintomi peculiari presentati dai bambini in pronto soccorso sono stati soprattutto gastrointestinali e respiratori, con una condizione giallastra “itterica” della cute, ma la buona notizia è che la maggior parte degli oltre 900 casi registrati nel mondo, guarisce da sola, in modo autonomo. C’è poi 1 caso su 3 di questi bambini che presenta insufficienza epatica acuta e rischia di andare in terapia intensiva, stando ai dati ECDC statunitensi (?). Di questa percentuale, circa l’8% tra loro hanno avuto infine urgenza di un trapianto di fegato. Sotto questo profilo, dopo l’Inghilterra, i Paesi colpiti sono stati Polonia e Olanda. In Italia, già nel periodo 2018/19 e poi 2019/20, i casi di epatite pediatrica fatti registrare sono stati stabili: 36/37 casi, qualche decina. Le possibili ipotesi riguardo quest’incremento di epatiti pediatriche avuto nelle settimane scorse devono considerare, secondo me, tre parametri. 1. La suscettibilità dell’ospite – il bambino – all’eventuale stress pandemico; 2. Un possibile agente eziologico, un virus, per il momento sconosciuto; 3. La pandemia sullo sfondo”. 

Massimo Galli – “Siamo di fronte a due scenari. O sono stati riportati un numero di casi che non corrispondono ad un incremento reale, oppure abbiamo davanti qualcosa di effettivamente nuovo, correlabile alla pandemia tramite l’adenovirus 41. Allo stato attuale dei fatti, possiamo fare solo delle ipotesi, come quella fatta da 3 ricercatori giapponesi di Kyoto che mettono in correlazione le epatiti pediatriche e Omicron. Ma anche quella di Broaden e Arditi che sarà pubblicata solo ai primi di luglio su Lancet e che ipotizza come la persistenza del sars-cov2 nel tratto gastro-intestinale potrebbe aver determinato un rilascio di proteine attraverso l’epitelio intestinale comportando, a sua volta, un’attivazione immune mediata in ragione di un super-antigene. Un super antigene simile all’enterotossina b dello stafilococco e che può essere in grado di attivare, in modo esteso e non specifico, le cellule T. Questo processo potrebbe essere considerato il meccanismo che scatena l’autodistruzione del fegato e dunque il manifestarsi delle epatiti pediatriche acute. Ma sono solo ipotesi. Piuttosto mi chiedo: perché non abbiamo il caso di una scolaresca che, insieme, ha avuto l’epatite? I dati a disposizione fanno pensare che in realtà non si sono verificate vere epidemie, facendo escludere la presenza di un virus x ancora sconosciuto. Non c’è neanche traccia di evidenze di long covid, né il vaccino per il covid-19 può avere un ruolo, perché i bambini colpiti sono di età inferiore all’obbligo vaccinale. Piuttosto, mi sorprende il fatto che ancora non si sia pensato a raccogliere e incrociare dati clinici del fegato provenienti dalle autopsie o dai fegati espiantati”. 

Giovanni Rezza, Direttore Generale Sezione Prevenzione Salute del Ministero della Salute – Sulle epatiti acute di origine sconosciuta nei bambini “la situazione si è stabilizzata a un livello base che non desta preoccupazione. In Europa abbiamo avuto 450 casi, la gran parte segnalata nel Regno Unito dove ci sono stati segnali di allerta. Sostanzialmente al 21 giugno in Italia abbiamo 75 segnalazioni, 8 sono state escluse perché non aderivano al criterio di caso, in 33 casi la classificazione è stata sospesa e in 34 casi è probabile”. 

DI COSA STIAMO PARLANDO. 

L’epatite acuta è un’infiammazione del fegato caratterizzata dal punto di vista biochimico dall’incremento delle transaminasi. Quando la batteria di test sul sangue a nostra disposizione non dà informazioni sulla causa, allora abbiamo l’epatite a causa ignota che, a sua volta, prevede una diagnosi per esclusione dei virus e delle altre cause note di epatopatia (cause di autoimmunità, di tossicità, e legate al metabolismo). Infine, l’insufficienza epatica acuta si caratterizza quando una delle funzioni principali del fegato, prevenire le emorragie, viene meno per condizioni cliniche con coagulopatia non responsive alla somministrazione di vitamina K per via parenterale e in assenza di altre cause note di epatopatia cronica. 

 

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