(Adnkronos) I continui focolai di influenza aviaria H5N1 negli allevamenti Usa spingono l’epidemiologo Eric Feigl-Ding, con oltre 750 follower su X, e già in prima linea nella divulgazione scientifica durante al Covid a lanciare un appello: “Iniziare ad accumulare una serie di farmaci contro l’influenza” citando diversi antivirali (Xofluza, Relenza) molto conosciuti “per tutta la famiglia, nel caso l’influenza aviaria diventi trasmissibile tra uomo e uomo. Il rischio aggiunge Feigl-Ding è di pentirsene quando poi questi antivirali saranno carenti”.
Poi in un secondo post su X, lo scienziato prosegue su questa linea spiegando che alcuni antivirali possono essere assunti anche in via preventiva chiedendo al proprio medico. “Il Tamiflu è stato approvato dall’Fda anche per la prevenzione dell’influenza”, rimarca l’epidemiologo.
La favola di Esopo, ‘Al Lupo, al lupo!’, come metafora della comunicazione sull’influenza aviaria H5N1. E’ lo spunto che alcuni ricercatori italiani hanno scelto per “esaminare la situazione attuale sull’aviaria” soprattutto con la partenza della stagione estiva e quindi dei viaggi, “evitando allarmismi ingiustificati ma sottolineando la importanza di una vigilanza costante”. Troppi allarmi, gli ‘al lupo’ appunto della favoletta, “non giovano affatto anche nel rispondere alla domanda che oggi arriva dai cittadini: è sicuro viaggiare?”, precisano Francesco Branda (Università Campus Bio-Medico di Roma), primo autore dell’articolo (firmato anche da Alessandra Ciccozzi, Chiara Romano, Daria Sanna, Massimo Ciccozzi e Fabio Scarpa) inviato alla rivista ‘Travel Medicine and infectious disease’.
Nel testo gli autori “sottolineano l’importanza del monitoraggio genetico continuo e dell’approccio ‘One Health'” per l’emergenza sanitaria in Usa legata ai bovini positivi al virus H5N1, un approccio “che integra la salute animale, umana e ambientale”. Il rischio attuale, però, “per i viaggiatori rimane basso”, ed “è fondamentale mantenere alta l’attenzione e la preparazione per prevenire future pandemie”. Nella loro lettera gli scienziati ricostruiscono poi quanto accaduto negli allevamenti di bovini in Usa, i primissimi casi anche nell’uomo e la risposta delle autorità sanitarie americane.
“Questo virus aviario, già riscontrato in passato in mammiferi come visoni e leoni marini ricordano gli scienziati non era mai stato rilevato nelle mucche, e questa è la notizia importante, ma senza eccessivi allarmismi. Non dobbiamo spaventare la popolazione ma cercare di adottare misure di prevenzione e monitoraggio, ribadendo l’importanza di condividere dati e informazioni che possano renderci pronti ad ogni grave emergenza”. I ricercatori rimarcano “l’importanza del monitoraggio” che deve essere effettuato “dai veterinari negli allevamenti intensivi per evitare la diffusione del virus ed evitare possibili mutazioni che potrebbero peggiorare la situazione”. In conclusione, i ricercatori ritornano sulla favola di Esopo, “non si deve gridare ‘al lupo’ quando non ce n’è bisogno, altrimenti quando si verificherà una mutazione del virus o un riassortimento, che può portare alla trasmissione da uomo a uomo, nessuno crederà davvero all’allarme”.
Era stato annunciato dall’Australia il 22 maggio: nello Stato di Victoria un caso confermato in laboratorio di infezione umana da virus dell’influenza aviaria A H5N1, il primo in assoluto registrato da questo patogeno nel Paese. Nella nota del Dipartimento della Salute si parlava genericamente di un bambino rientrato da un viaggio in India, dove questa ‘famiglia virale’ di virus H5N1 è stato rilevato in passato negli uccelli. Ora l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) fa il punto sul caso, la cui fonte di contagio resta attualmente sconosciuta, e spiega che il primo paziente australiano con H5N1 è una bambina di 2 anni e mezzo senza patologie preesistenti, con una storia di viaggio a Calcutta, in India, dal 12 al 29 febbraio 2024. Sulla base delle informazioni disponibili, è il primo elemento evidenziato dall’Oms, l’agenzia Onu per la salute continua a valutare “basso il rischio attuale per la popolazione generale rappresentato da questo virus”.
Dalla ricostruzione sul caso australiano emerge che la piccola è rientrata in Australia l’1 marzo e il 2 si è presentata in un ospedale di Victoria, dove ha ricevuto cure mediche ed è stata ricoverata lo stesso giorno. Il 4 marzo, è stata trasferita al reparto di Terapia intensiva di un ospedale di riferimento a Melbourne, a causa del peggioramento dei sintomi, per un periodo di una settimana. La paziente è stata dimessa dall’ospedale dopo un ricovero di 2 settimane e mezzo. E ora viene riportato che le sue condizioni cliniche sono buone. La famiglia ha poi riferito che la bambina aveva iniziato a sentirsi male il 25 febbraio. I sintomi: perdita di appetito, irritabilità e febbre, tanto che è stata portata da un medico in India la sera del 28 febbraio. “Aveva febbre, tosse e vomito”, si legge nella nota Oms, e le è stato somministrato paracetamolo. Non è stato riferito a un ufficiale di biosicurezza aeroportuale che la bambina non stava bene quando è arrivata in Australia.
Quanto al periodo di permanenza in India, la famiglia ha riferito alle autorità sanitarie che la bambina non ha viaggiato al di fuori di Calcutta, e non ha avuto contatto noto con persone malate o animali mentre si trovava nel Paese. Al 22 maggio, nessun familiare stretto del caso in Australia o in India aveva sviluppato sintomi.
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Il 6 e 7 marzo un tampone nasofaringeo e un aspirato endotracheale vengono prelevati dalla piccola in ospedale e risultano positivi per l’influenza A. I campioni vengono inviati al Centro Oms per un’ulteriore caratterizzazione il 3 aprile come parte di un lotto, poiché i medici referenti dell’ospedale non avevano conoscenze sufficienti per collegare il caso al virus H5N1. La sequenza genetica del virus ottenuta dai campioni ha confermato il sottotipo A (H5N1) e ha indicato che si trattava della ‘famiglia virale’ 2.3.2.1a, che circola nel Sud-Est asiatico ed è stato rilevato in precedenti infezioni umane e nel pollame. Il 17 maggio 2024, il Centro di collaborazione Oms per la consultazione e la ricerca sull’influenza in Australia notifica al Punto nazionale Nfp australiano un caso sospetto di influenza aviaria umana da A H5N1 ad alta patogenicità a Melbourne.
Il Dipartimento statale della Salute del Victoria lo conferma il 18 maggio 2024. E il punto australiano informa quello dell’India il 21 maggio e l’Oms il 22. “Le infezioni da virus dell’influenza aviaria negli esseri umani possono causare malattie che vanno da lievi infezioni del tratto respiratorio superiore a malattie più gravi e possono essere fatali ricorda l’Oms Sono stati segnalati anche congiuntivite, sintomi gastrointestinali, encefalite ed encefalopatia. Sono stati inoltre rilevati diversi casi in persone asintomatiche esposte a uccelli infetti”. L’evidenza suggerisce che alcuni farmaci antivirali (in particolare oseltamivir, zanamivir), possono ridurre la durata della replicazione virale e in alcuni casi migliorare le prospettive di sopravvivenza. “Dal 2003 al 22 maggio 2024, sono stati segnalati all’Oms da 24 paesi 891 casi di infezioni umane da influenza aviaria A H5N1, inclusi 463 decessi. Quasi tutti questi casi sono stati collegati a uno stretto contatto con uccelli infetti vivi o morti o ad ambienti contaminati”, riepiloga l’Oms.
“Poiché il virus continua a circolare nel pollame, permane il rischio di ulteriori casi sporadici nell’uomo”, aggiunge l’ente. Attualmente in Australia un gruppo di monitoraggio si riunisce settimanalmente per valutare qualsiasi rischio in corso e per coordinare la risposta all’evento è stato attivato il National Incident Centre. Mentre il portale del Centre for Disease Control australiano evidenzia l’importanza per le persone che lavorano in un allevamento o in una fabbrica di pollame, o che viaggiano all’estero in paesi con focolai di influenza aviaria, di vaccinarsi ogni anno contro l’influenza stagionale, cosa che può aiutare a prevenire che l’aviaria si mescoli con altri virus influenzali che potrebbero portare a nuovi virus mutati, diventando così una minaccia maggiore per le persone. Dal canto suo l’India ha avviato sul suo territorio un’indagine epidemiologica. “Attualmente conclude l’Oms nel suo focus le prove epidemiologiche e virologiche disponibili suggeriscono che i virus A(H5) non hanno acquisito la capacità di trasmissione prolungata tra gli esseri umani, pertanto la probabilità di diffusione da uomo a uomo è bassa”. E questo evento infettivo “non modifica le attuali raccomandazioni dell’Oms sulle misure di sanità pubblica e sulla sorveglianza dell’influenza”. Sconsigliate restrizioni ai viaggi o al commercio” ad oggi. E l’Oms precisa infine di non suggerire neanche uno screening speciale dei viaggiatori ai punti di ingresso o altre restrizioni.